Ho avuto la fortuna di fare l’ufficiale degli Alpini. Prima allievo alla scuola militare ad Aosta, poi comandante di plotone a Belluno. Gli Alpini sono un corpo molto formale, ci tengono al gesto ben fatto, al gesto marziale perché preciso, esplicito e solenne. Il rigore della formalità rende immediatamente riconoscibile l’azione, ne mostra il fine e anticipa l’ordine nel quale si inserisce. Rivela consapevolezza e visione d’insieme. Un gesto ben fatto trasmette certezza: per questo la forma militare si manifesta attraverso linee rette, quadrati, angoli retti, meglio se rapidi e spediti. La formalità è il gesto prevedibile. La singolarità imprevedibile è quanto più possibile tacitata, o perlomeno strettamente regolamentata.
L’arte militare insiste molto sulla formalità. Non esiste esercito che non se ne curi. Inculcare la formalità significa garantire ordine e fine comuni all’azione militare quando i singoli militari operano al di fuori del quadrato della caserma. Infatti, il potere di puntare un’arma, nelle situazioni più disparate e pericolose, deve essere trattenuto nel giusto ordine. Chi ha responsabilità di comando militare sa che militari non formali si trasformano presto in una masnada dispersiva e inefficace, ovvero di violentatori e saccheggiatori.
Il sistema formale militare ha all’interno di sé semplici principi di funzionamento economico: massima forza concentrata sul minimo punto. Efficienti per essere efficaci, come il moto verso lo schwerpunkt descritto da Clausewitz. La formalità militare trattiene in questo ordine. Ma se il sistema formale militare si pretende completo, le forze armate si riducono a una macchina, a un meccanismo autoreferenziale, onanistico, distruttivo e, da ultimo, violentemente implosivo.
Il sistema formale militare, al pari di un sistema logico formale, trova al di fuori di sé il fondamento adeguato al proprio agire. Per questo, ogni mattino, sull’attenti all’alzabandiera, ci devono essere uomini e donne che hanno saputo coltivare l’orto in una valle alpina, offrire vino e formaggio, tirare per gli zoccoli un vitello che nasce, tornare giù dalla cima di una montagna.