“Si nega forse la resurrezione se si afferma che non è necessario credere in una tomba di Gesù fisicamente vuota? Io non credo!” (Eugen Drewermann)
I labirinti nelle cattedrali non sono fatti per perdersi. Sono percorsi che hanno una direzione: si parte con le spalle a ovest e si arriva guardando a est. La direzione anche se tortuosa è volta verso il sole che sorge per giungere al centro. Il centro della circonferenza esprime una potenza: da fermo, infatti, è capace di muovere la rotazione del cerchio; il centro non può che essere una terra santa.
Il labirinto è un percorso di conversione. Non per nulla alcune fonti lo definiscono Chemin de Jerusalem. A Gerusalemme, nella chiesa del Santo Sepolcro, si apre l’omphalos, l’ombelico del mondo (Ez 5,5).
Oggi è facile trovare labirinti che non richiedono cammino, né fatica, perché non portano da nessuna parte. Ingenuo è chi pensa di perdersi in questi labirinti, visto che non c’è nessun posto dove arrivare. Oggi questi labirinti sono le parole. Parole che dicono di rimandare a parole, che a loro volta rimandano ad altre parole. Come se fosse possibile avere il simbolo senza la pietra che lo porta scolpito.
Eppure ci sono momenti in cui anche i labirinti più oscuri portano a Gerusalemme. Anche chi vede nelle parole dei Vangeli segni che rinviano a segni, libri che riposano in altri libri, parola fatta di parole, non può eludere piccoli segni che escono fuori dal testo e incidono con la propria impronta la terra santa. Sono i deittici: pronomi, avverbi di tempo, avverbi di luogo, come questo, quello, qui, lì, ieri, adesso.
Questi deittici non girano in tondo, non risuonano di alcun simbolo, ma rapidi ti portano a concludere il ragionamento, ti fissano negli occhi e, se necessario, ti inchiodano sotto la croce. Come quel centurione che esclamò: “Veramente quest’uomo qui era Figlio di Dio” (Mc 15,39). I deittici escono dal testo e mostrano quello che hai sotto gli occhi: “E’ risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto… vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ho detto” (Mc 16,6-7). Deittico è il dito di Tommaso che scava la ferita nella carne viva: “Metti qua il tuo dito…” (Gv 20, 27).
Ottima testimonianza (e alla vertigine della Risurrezione si aggiunge quella da incursione in un’ardua grammatica).
In cambio, ti lascio questi link:
http://www.30giorni.it/it/articolo_stampa.asp?id=11594
http://www.30giorni.it/it/articolo_stampa.asp?id=16719
http://www.30giorni.it/it/articolo_stampa.asp?id=16720
Grazie Lycopodium (il sistema quando vede tre link mette in quarantena.). Questa discussione che linki è esattamente il punto. Sia per andare a Gerusalemme sia per andare a Santiago de Compostela.
Onore al merito:
http://www.rinascimentosacro.com/2009/03/orientamenti.html
grazie della segnalazione.