Gerusalemme esisteva da molto tempo ed era in mano ai Gebusei. Dicevano che ciechi e zoppi sarebbero bastati a difenderla dall’esercito di Davide . E invece bastò un colpo di mano, bastò passare con i pugnali “attraverso il canale” per sottrarre loro Gerusalemme (2Sam 5,6).
Davide la chiamò Città di Davide. Alzò torri adornandole di scudi e faretre, perché l’unica forza che conosceva era la forza. E poiché misurava la forza in generazioni, costruì il proprio palazzo mettendoci dentro mogli e molte concubine dai colli adornati di collane e pendagli. A Davide rimasero in odio quei ciechi e quegli zoppi che dicevano sarebbero bastati a tenerlo fuori da Gerusalemme. Così li tenne sempre fuori dalla casa (2Sam 5,8).
Mille anni dopo, Gesù calcò le strade della Giudea: ciechi e zoppi erano ancora lì, reietti. Mandò uno di questi, un cieco nato, a lavarsi gli occhi alle piscine di Siloe. Qui gettava acqua quel antico canale da cui si diceva Davide fosse entrato. Doveva sentirsi il peso della storia se gli chiesero «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?» Rispose Gesù: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui opere di Dio» (Gv 9,2-3). Il cieco nato guarì.
Lungo tutte le strade, ciechi e reietti lo chiamavano a squarciagola con l’appellativo di “Figlio di Davide”(Lc 18, 35-43, Mt 9,27-29). Proprio loro! cosa mai di buono potevano aspettarsi evocando quella discendenza? E guarivano a dimostrazione che era la loro fede a salvarli .