Dio si è fatto uomo. Pace in terra agli uomini di buona volontà. Sul tetto c’è già il segno della croce, annuncio di redenzione. La mangiatoia, dormitorio degli immondi, è di pietra, è già il sepolcro. E il sepolcro è vuoto, annuncio di risurrezione.
Con il Natale non inizia l’antica festa del frumento, che cade e rinasce, che cade e rinasce. E non è neppure l’età dello Spirito, dove si vive senza scorte. Non è la pace ben pasciuta. La nuova Gerusalemme non è ancora qui. “Il Tempo del Nuovo Testamento rappresenta un particolare tempo intermedio, una mescolanza di già e non ancora, in cui le condizioni empiriche continuano a valere, ma allo stesso tempo sono già spezzate, continuano a spezzarsi, fino alla definitività che ha già avuto inizio in Cristo” (J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, pag 52).
Venuta, in latino adventus e in greco parusia (1Ts 5,23): “l’avvento del Signore, più che un punto futuro del tempo, è un luogo spirituale in cui camminare già nel presente, durante l’attesa” (Benedetto XVI, omelia Vesperi di inzio Avvento, 29/11/2008).
Il nostro non è più il tempo ciclico e indifferente. Ma il tempo della differenza, e nello scarto della differenza, come uno scalino, è indicata una direzione. Un tempo che chiama a una precisa conformazione: “Il Signore nostro Gesù Cristo, per voi si fece povero, perché diventaste ricchi della sua povertà” (2Cor 8,9). E’ il tempo dei doni, della pace affidata agli uomini di buona volontà.
Buon Natale, e quindi Buon Avvento.