Prendiamo Heidegger:
“L’ontologia medioevale, specialmente nelle correnti tomistiche e scotistiche, ha discusso ampiamente questo problema [dell’essere], senza tuttavia giungere a una chiarificazione di fondo” (Essere e tempo, Longanesi, pag 18).
Con queste poche righe, tutta la ricerca filosofica medioevale è stata tacitata. Basta pronunciare la parola “dopoheidegger” e uno può semplicemente ignorare San Tommaso; basta dire “semplicepresenza” e uno può fare finta che la metafisica tomista sia un ridondanza pedante di Aristotele. Siensiato o esistensialista non importa, oggi si può far finta che la filosofia inizi con Cartesio.
Grossa parte del catalogo Adelphi gioca su questo: prende l’uomo uscito dalla testa di Cartesio, lo chiama moderno e ne fa vedere tutti i limiti: razionalista, calcolatore, utilizzatore. Siccome questo è l’uomo diurno, quello che lavora all’ufficio tecnico, bisogna completarlo con l’uomo notturno, quello che ulula alla luna. Del resto bisogna pure dare un cuore, o perfino un’anima (come un fleur che risplende dietro occhi di ghiaccio) all’uomo macchina. Così nell’uomo freddo e computatore è una bazzecola inserire schegge di follia e di libertà, di pulsioni e di possessioni. Perché così va il mondo, basta aprire e leggere il giornale.
Ma questo, in Adelphi, è solo lo scenario ordinario. C’è infatti un piano più profondo.
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