Nel catalogo Adelphi, c’è anche René Girard. Un autore che un po’ alla volta mi pare risultare sempre più avulso dal modo di sentire adelphico.
Se dovessimo sintetizzare, in modo molto approssimativo, la ricerca di questo autore, possiamo utilizzare le parole di Calasso che dice: Girard sa una sola grande cosa: il capro espiatorio.
Per Girard, la folla cerca il linciaggio e si dirige verso il colpito, il destinato. Sacrificando ed espellendo la vittima (umana), la folla cerca di ricomporre il dissidio che nasce al proprio interno. La designazione della vittima non palesa la propria arbitrarietà e il proprio arbitrio. La vittima non è vista come innocente, ne andrebbe dell’efficacia del processo di momentanea riappacificazione. Il capro espiatorio funziona e calma gli spiriti solo se è percepito come colpevole.
La tesi è che alla base della fondazione del mondo ci sia questa lunga catena di omicidi. Satana, omicida fin dal principio (Gv 8, 44), è principio principe di questo mondo, dell’ordine come del disordine, della violenza e della sua apparente pacificazione guadagnata attraverso il meccanismo del capro espiatorio, ovvero attraverso una falsa soluzione – che presto lascerà nuovamente spazio alla violenza, sedata di volta in volta solo per riaccendere lo scontro.
Il potere di satana è basato su un segreto, sul nascondimento dell’innocenza della vittima. E verrà beffato dalla croce, dove l’esposizione di Dio morto svela che la vittima è innocente. Il meccanismo del capro espiatorio viene neutralizzato. Non per nulla dalla croce viene emesso lo Spirito, ovvero il Paraclito, il difensore delle vittime. Il dipinto, qui sotto, di Rosso Fiorentino, mostra Satana “la scimmia di Dio” con un laccio al collo: segno che lì, venendo svelato il suo inganno, inizia il blocco della sua potenza e della sua azione.
Ma il principe di questo mondo non sta a guardare, si agita, cerca di divincolarsi, escogita qualcosa. Così, da brava scimmia, si è messo a imitare l’amore di Dio. Girard fa notare come piccoli e grandi gruppi si presentino come liberi apostoli e chiamino la folla al linciaggio ma facendolo in nome dell’amore per la vittima, per il suo bene, per la sua libertà, per la sua autodeterminazione.
Ecco un passaggio significativo:
“Il nazismo e le ideologie ad esso affini, che si opponevano apertamente alla sensibilità per le vittime riconoscendone volentieri l’origine giudaico-cristiana, non sono mai stati la forza mimetica più potente del XX secolo. Il movimento anticristiano più forte è quello che fa sua e radicalizza la preoccupazione per le vittime per paganizzarla. Le Potestà e i Principati si danno adesso una veste “rivoluzionaria” e rimproverano al cristianesimo di non difendere le vittime con sufficiente ardore, non scorgendo nel passato cristiano altro che persecuzioni, oppressioni, inquisizioni.
Il nuovo totalitarismo si presenta come liberatore del’’umanità. Per usurpare il posto di Cristo, le Potestà lo imitano in maniera rivalitaria, denunciando nella compassione cristiana per le vittime, un’imitazione ipocrita ed evanescente della vera crociata contro l’oppressione e la persecuzione, quella di cui invece loro sarebbero la punta di diamante.
Seguendo il linguaggio simbolico del Nuovo Testamento si può dire che, nello sforzo di recuperare terreno e trionfare di nuovo, Satana prende in prestito il linguaggio delle vittime. Egli imita sempre meglio Cristo e pretende di superarlo. Questa imitazione usurpatrice è presente da molto tempo nel mondo cristianizzato, ma si sta enormemente rafforzando nella nostra epoca. E’ il processo che il Nuovo Testamento designa nei termini dell’Anticristo. Per comprendere questa espressione è necessario iniziare a sdrammatizzarla, giacché corrisponde a una realtà assai più quotidiana e prosaica.
L’Anticristo si vanta di recare agli uomini la pace e la tolleranza che il cristianesimo senza risultati promette loro. In realtà quello che la radicalizzazione della “vittimologia” contemporanea porta con sé è l’effettivo ritorno a ogni sorta di abitudini pagane: l’aborto, l’eutanasia, l’indifferenziazione sessuale, i giochi da circo di ogni tipo, ma senza vittime reali grazie alle simulazioni elettroniche, e così via.
Questo neopaganesimo vuol fare del Decalogo e di tutta la morale giudaico-cristiana l’espressione di una violenza intollerabile, e il suo obiettivo primario è la loro abolizione completa. L’osservanza scrupolosa della legge morale è percepita come una complicità con le forze della persecuzione, che sarebbero essenzialmente quelle religiose.
E poiché le Chiese cristiane hanno preso tardi coscienza della loro mancanza di carità, della loro connivenza con l’ordine stabilito, nel mondi perennemente “sacrificale” di ieri e di oggi, esse rimangono vulnerabili al perenne ricatto cui il neopaganesimo contemporaneo le sottopone.
Questo neopaganesimo identifica la felicità nell’appagamento illimitato dei desideri e, di conseguenza, nella soppressione di tutti i divieti, idea che acquista una parvenza di verosimiglianza nell’ambito circoscritto dei beni di consumo, il cui prodigioso moltiplicarsi, grazie ai progresso della tecnica, attenua certa rivalità mimetiche, conferendo un’apparenza di plausibilità alla tesi che fa di ogni legge morale un semplice strumento di repressione e persecuzione”.
(R. Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, Adelphi, 235-236)
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