Beim letzten Abendmale
Die Nacht vor seinem Tod
nahm Jesus in dem Saale
Gott dankend, Wein und Brot
la notte prima della sua morte,
Gesù nel cenacolo, rendendo grazie a Dio, prese vino e pane.
Don Georg Ratzinger corregge gli allievi, i Domspatzen di Regensburg, e talvolta con il gesto della mano ricorda loro di mandare il suono in maschera: il suono deve essere preso dall’alto e risuonare nelle cavità del volto e non tirato su dalla gola come si sente al Festivalbar o dagli Amici della Filippi. Non si tratta di stile, o di fedeltà storica nell’esecuzione dei brani, ma di scienza.
Il rispetto dei principi del belcanto, infatti, permette alla voce di compiere una massa straordinaria di lavoro con il minimo di energia. Garantendo, inoltre, i naturali cambi di registro, la voce educata secondo il belcanto si caratterizza per potenza, estensione di tre ottave, velocità, agilità, grazia e longevità. E’ il fenomeno, paradossale, della forza debole che Leonardo da Vinci descrive così: La voce si diffonde per l’aria senza moto d’aria, e percuote gli oggetti (Codice Atlantico). Per questo, Leonardo paragona la voce al raggio di luce.
La polifonia ben temperata, coerente con la vocalizzazione del belcanto, costituisce una rappresentazione del molteplice nell’universo: l’ordine della musica si rispecchia nell’ordine del creato. Errori compresi. E come ogni attività creativa, come ogni processo vivente testimonia che l’entropia, o la morte, non possono dire l’ultima parola. Sempre c’è qualcosa, o qualcuno, che eccede.