La prima volta che riesco ad andare a visitare Firenze, chiederò a Renzo Manetti di accompagnarmi. Nei suoi libri è capace di partire da un particolare per scoperchiare mondi nascosti, saperi antichi, itinerari imperscrutabili, eppure sotto gli occhi di tutti. Come nel suo libro Desiderium Sapientiae, dove si scoprono saperi che hanno partecipato a forgiare il campanile di Giotto, la fortezza dei Medici, l’abbazia di san Galgano e molte opere d’arte.
Fossero anche teorie di saperi non condivisibili quanto antichi, quelle teorie si sono depositate nei secoli e in qualche modo col loro peso hanno partecipato a forgiare le sagome delle città e i caratteri dei suoi illustri cittadini. E di questo bisogna tenerne conto.
Ho finito di leggere il suo romanzo: Il segreto di San Miniato (Edizioni Polistampa – 2006, qui c’è una presentazione). Se non si è disturbati da nessuno, lo si legge tutto d’un fiato. E’ ambientato tra il XI e il XII secolo, quando Federico Barbarossa calava in Italia e Saladino a Gerusalemme. Ma il cuore di tutta la vicenda narrata ruota attorno a una misteriosa e variamente interpretata iscrizione del 1207 che si trova sul pavimento di marmo nella basilica di San Miniato a Firenze. Questa iscrizione secondo Renzo Manetti contiene un segreto antico e il libro ne fornisce la storia e la chiave.
Potrebbe essere un libro di formazione: trasmette, infatti, il fascino dei viaggi, l’esperienza dell’onore e della miseria, del bene e del male, della curiosità e della scoperta. Il libro può essere letto secondo più livelli: si può seguire il succedersi delle azioni o fermarsi a rimuginare su tutte le antiche dottrine che vengono citate e riprese (ecco, l’unica cosa che manca sono delle illustrazioni della facciata della chiesa di San Miniato che ne agevolino la lettura, come questa pubblicata nel suo libro Le porti celesti).
Un ottimismo leibniziano fa convergere in armonica unità l’alchimia, il graal, la cabala, i sufi, i catari, i templari, la gnosi, il culto mitraico, i misteri eleusini, la geometria euclidea, i pitagorici, il cristianesimo e ogni altro sentiero sapienziale. Ed è qui, dentro al nocciolo teoretico del libro, che non riesco più a seguire l’autore. Ecco qualche riflessione a questo proposito.
“Molte sono le vie” si sente dire nel libro. Secondo me, invece, l’unità che conduce alla porta del cielo non può essere ravvisata in un sapere originario. Ogni sistema di sapere, che pretenda di costituire una formula originaria è destinato a soccombere. Infatti ogni reticolo di informazioni, per quanto corroborato da una sana ascesi, è entropico, presenta dei limti intrinseci. Tramandare nei secoli questo sapere sussurrato all’orecchio significa tramandare cenere spenta.
L’unità va ricercata non in una informazione ma in una competenza. Non un sapere, ma la capacità di sapere. L’essere a immagine e somiglianza di Dio dell’uomo: che è un fatto, sperimentabile nella creatività di ogni uomo, fatto che non va imparato ma semplicemente mostrato. L’unità, quindi, è antropologica, non iniziatica (affermazione che costringerebbe, coerentemente, a immaginare quella stirpe angelica di cui si parla nel libro).
C’è poi il rapporto col cristianesimo. Gesù ha attuato una pedagogia. Ha insegnato, e ha anche invitato a tenere il silenzio: non per tenere un segreto, ma per invitare a non parlare a vanvera, per lasciare tempo all’ascolto, affinché la novità dell’annuncio non si risolvesse in una formula.
L’insegnamento di Gesù fu, in ogni caso, fallimentare. Non solo con la folla che lo volle vedere morto. Ma anche con gli apostoli. In tutti e quattro i Vangeli, cosa c’è di più scoraggiante e di più avvilente della loro pochezza? Non fu il sapere a salvarli, nemmeno quello impartito dal Figlio di Dio. Gesù, infatti, negli ultimi tempi, di fronte al fallimento dell’insegnamento, sente l’urgenza di rilasciare lo Spirito Santo. E lo farà dalla croce.
La croce è la confutazione di ogni sapere iniziatico. E’ tutto lì. Non c’è segreto. Non c’è il nascosto del tempio; anzi il suo velo si squarcia. Dio si rivela sulla croce. Tutta la verità di Dio è esposta dal Figlio crocifisso nudo. Presa a calci e dileggiata. Non c’è altro mistero che il mistero della verità dell’amore.
Cosa c’è da capire in un pezzo di pane, in un sorso di vino?
Queste sono le cose che mi piacerebbe chiedere a Renzo
sabato 7 giugno, alle 15.30
presso la Libreria Ecumenica
di piazza Missori a Milano dove verrà presentato il libro
“Il segreto di San Miniato” – Edizioni Polistampa
ma le scrivo qui perché so già che non avrò il coraggio di alzarmi e di fare le domande.