Segni

Inizio un itinerario, parziale quanto arbitrario, attraverso i segni dell’edificio chiesa. Inizio dalla soglia.

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I nostri piedi si fermano alle tue porte (Sal 122, 2). La chiesa presenta una soglia, un dentro e un fuori. Una differenza, un cambiamento. Nessun limite assoluto. A tutti è data la possibilità di entrare o di tornare sui propri passi.  

Oltrepassata, inizia il luogo della parola. E della Parola incarnata. Oltre si accede al testo [1], se è lecito pensare l’edificio chiesa come a un testo che dice e che può essere letto in base a un codice condiviso. 

La soglia presenta il testo, lo rende presente, ne assicura la presenza al mondo. Introduce alla sua lettura, alla sua ricezione [2].

Soglia è il sagrato. Il portico. La facciata. L’iscrizione della dedicazione. La porta. Soglia più estesa è il campanile e il suono delle campane. A volte lo è il cimitero, quando gira tutt’attorno.

Soglia è luogo di una transizione, ovvero di un’azione esercitata su chi si avvicina, con il compito più o meno realizzato, di far meglio accogliere il testo e di sviluppare una lettura più pertinente (pertinente, ovviamente, agli occhi di chi detiene il testo e dei suoi alleati).

In questo senso, vediamo che la nozione di soglia si allarga. Questa funzione, infatti, è svolta anche, ad esempio, dalla segnaletica stradale o turistica che conduce alla chiesa. Se il luogo santo è meta di pellegrinaggio lo è l’itinerario con i suoi luoghi di sosta e rifornimento; soglia può essere l’accoglienza in aeroporto o la cuccetta del treno prenotata dall’Unitalsi.  Lo è la guida del Touring per la Terra Santa e lo è in modo diverso di quella di Romeo Maggioni. Lo è il depliant illustrativo.

Se la chiesa è quella in costruzione a Foligno, soglia diventa l’intervista al suo architetto Fuksas: è infatti innegabile che la dichiarazione di una sua conversione inviti a ricomprendere il giudizio sulla sua opera (“mah, vuoi vedere che forse, alla fine, non sarà solo un monolite di cemento…”).  In ogni caso, è segno della potenza della soglia a orientare la lettura dell’opera.

Soglia è il concerto in piazza che fa della chiesa lo scenario, come le serate estive delle proloco. Soglia è l’evento in chiesa che fa dello spazio interno della chiesa una scenografia.

Soglia è la Pietà di Michelangelo o la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, opere che conducono e introducono al resto della chiesa. E ci sono opere che, paradossalmente, trasformano la chiesa in soglia-contenitore, come la via dolorosa, opera di Wallinger, nel Duomo di Milano: qui il Duomo testimone della vita che si è fatta visibile approda, senza speranza (e non si capisce perché), a una stanza nera, irrelata e invivibile.

Ci sono chiese che sono soglie di altre chiese come a Loreto, alla Porziuncola, al Santo Sepolcro. 

La soglia chiede di essere varcata. E’ ausiliare, funzionale, subordinata al dentro, o comunque a ciò che sta oltre. Ma pur essendo collocata nella parte extratestuale, partecipa alla produzione di senso. Costituita da molteplici elementi e pratiche che enunciano, la soglia ha una forza illocutoria e influenza la ricezione del testo.

Non tutte le soglie sono presidiate da chi detiene l’oltre della soglia.

 

(continua – 2)

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[1] E non solo accedere. Passando oltre la soglia è data anche la possibilità di diventare il testo. Oltre, infatti, i muri e le pietre diventano “pietre vive”. La calce dei muri, dice il Vescovo Durand nel libro dal titolo”Razionale”, è la carità bruciante, la sabbia sono le affezioni quotidiane e l’acqua è lo Spirito. E’ nella logike latreia, nella preghiera, nel diventare quanto la preghiera ascolta dalla Parola, ovvero nella conversione, trasformazione che l’oltrepassare la soglia può implicare, che si mostra la massima forza illocutoria del testo, vale a dire il potere performativo, il potere che la parola ha di compiere ciò che la parola descrive. La Parola, dicendo, agisce.
[2] Bibliografia: Gérard Genette, Soglie, i dintorni del testo, Einaudi, 1989
 

12 Comments

  1. Trovo la tua scelta un’Ottima idea!
    Infatti, il viaggio che ci proponi attraverso i segni dell’edificio chiesa ha due dimensioni ulteriori. La dimensione personale e quella comunitaria. Infatti i segni dell’edificio chiesa non si riducono alla mera funzionalità, ma esprimono l’itinerario personale di ritorno in se stessi per ritornare al Padre, attraverso i segni sacramentari della Chiesa Tempio dello Spirito Santo. L’uomo come microcosmo ed il cosmo come macroantropo, uomo e cosmo creature del Verbo e dello Spirito che ritrovano il loro senso nel rendere lode a Dio Padre.
    L’uomo ha almeno tre soglie: tra corpo ed anima, tra anima e spirito, tra spirito dell’uomo e Spirito di Dio. Ma la grande Teresa descrive molte stanze nel Castello Interiore.
    Ma non è detto che il succedersi di queste tre soglie sia un persorso di interiorizzazione, dato che l’anima è anche comprensibile come forma del corpo e lo spirito come luogo dell’anima.
    Discriminando tra dentro e fuori, sacro e profano la soglia rinvia ad un criterio di giudizio che non può essere nella realtà discriminata, ma deve essere oltre, trascendente. Un oltre pienamente accessibile, totalmente orientato a discriminare, a fare il giudizio, immanente. La soglia fondamentale è il cuore.

  2. Grazie, hai ragione (e quanto messo in nota è troppo sbrigativo). Ci provo col prossimo passo: come l’edificio stesso dica che c’è un altro tipo di soglia.

  3. purtroppo anche le nuove chiese risentono del clima culturale contemporaneo, allergico alla discriminazione ed infatuato dell’uguaglianza e dell’uniformità, incapace di riconoscere il valore essenziale della distinzione e della differenza.
    Così si edificano chiesa anonime che non possono essere riconosciute come tali nel tessuto urbano circostante. Tra l’altro parlare di tessuto urbano è ormai spesso inadeguato, poichè la tessitura prevede una trama e un ordito, ovvero un senso che è venuto a mancare.
    Anche il corso della vita umana è divenuto tendenzialmente omogeneo ed uniforme. Abbiamo soppresso quelle tappe iniziatiche che contrassegnano con un prima ed un dopo le varie tappe della vita e così rimane soltanto ineludibile ed ineliminabile la soglia finale della morte a cui si giunge sempre più impreparati.
    Pensare che quel grande umanista di Erasmo scrisse un trattato sull’Ars moriendi, poichè sapeva vivere e conosceva il valore metafisico della differenza e dell’Infinito.
    Scusate lo sfogo venato di pessimismo!

  4. grazie per i bellissimi interventi…
    spesso le ‘forme’ non sono solo formali ma invitano a ‘formarsi’, non ‘fermarsi’, oltre il formale apparente… non per chi è .

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