La bellezza di per sé non ha mai salvato nessuno.
La pecorella smarrita, impigliata nei rovi, da sola non ne sarebbe mai uscita. Ma giunse il buon pastore a salvarla. Si caricò la pecorella sulle spalle e la condusse verso casa.
Annuncio. A casa casa non ci siamo ancora arrivati, la Gerusalemme celeste non è ancora qui: il nostro legame di cristiani, il nostro fare, il costruire, la preghiera, la liturgia, tutto nella vita del cristiano si muove nell’annuncio del “mondo che è stato salvato” e, allo stesso tempo, nell’annuncio, tramite i segni della salvezza, del compimento, di quando vedremo il Signore così come Egli è. Già e non ancora.
Bellezza. Ad rationem pulchri concurrit et claritas et debita proportio [44782], a definire il bello concorrono sia la luminosità sia la dovuta proporzione. Il bello nella sua integrità può concretizzarsi nella materia e mostrarsi in rapporti armonici misurabili (proportio). Allo stesso tempo è luce (claritas) che irrompe nella materia, attraversandola, irriducibile alla gabbia armonica, è profondità semantica, eccedenza che apre al mistero senza però abbandonare la materia attraversata. La bellezza rende percepibile un darsi e il darsi di un’eccedenza. Già e non ancora.
Via pulchritudinis. “La proporzione corrisponde a ciò che è proprio del Figlio, in quanto egli è l’immagine espressa del Padre”. “La luminosità corrisponde a ciò che è proprio del Figlio in quanto egli è il Verbo, luce e splendore dell’intelligenza” [30062]. La bellezza delle chiese è come la via che conduce al Monte Tabor, non aggiunge nulla di nuovo al mistero ma trasfigura i nostri occhi affinché colgano dalla materia la Gloria. Chi vede me, vede il Padre. Già e non ancora.
La bellezza di per sé non salva proprio nessuno. Ma mostra e testimonia adesso il modo in cui l’opera di salvezza del bel Pastore si compie. Già e non ancora.