Ciò che osiamo sperare

C’è una pala d’altare che adorna la piccola chiesa settecentesca di Villa Clerici, a Niguarda. Il dipinto, realizzato negli anni ’50 da Silvio Consadori (1909-1994), rappresenta Maria che porta in braccio Gesù bambino.

La scena offre un momento semplice e familiare, in cui ognuno può riconoscersi, ma non si limita a restituire un momento di vita intima. Come ogni opera d’arte degna dell’annuncio cristiano, nel particolare si rivela l’intero.
Le vesti della Madonna di colore rosso e blu ricordano l’umanità ricoperta di grazia celeste: la salvezza della storia passa attraverso il sangue e la carne. Il bambino dorme, ha gli occhi chiusi ed è nudo, coperto solo da un panno bianco: è la prefigurazione della morte di Cristo e del sudario che ne avvolgerà il corpo, anticipazione del tema della passione e della morte del Salvatore.
Maria viene incontro portando in braccio il figlio di Dio e lo presenta all’assemblea che si raccoglie in chiesa. Ed è attraverso la liturgia che quest’opera d’arte inizia a diventare sempre più profonda e, allo stesso tempo, comprensibile.

L’opera rappresenta la venuta di Dio, e Dio viene a noi in tre modi: nella nascita di Gesù, alla fine dei tempi nella gloria, nella nostra vita oggi.

L’incarnazione: il Signore è venuto
Maria è definita Virgo fidelis e madre della fede. Lei è la prima che riconosce in Gesù il Messia, lei è la prima credente nella Nuova Alleanza. Per questo Maria è figura della Chiesa. Ma Maria è anche figlia di Sion, ovvero ebrea legata alle promesse che Dio ha fatto a Israele. Maria nel Magnificat dice:

“Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre” (Lc 1,54-55).

Ora Maria porta in braccio e presenta colui che è il compimento delle promesse e delle attese di Israele. Ecco cosa canta la liturgia siriana nella notte di Natale:

I profeti di verità hanno annunziato
mediante lo Spirito Santo i tuoi misteri,
o Gesù Dio, e proclamato la tua venuta.
Isaia ha predetto la tua nascita,
Zaccaria ci ha annunziato la tua epifania,
Michea il tuo regno,
Ezechiele la gloria del tuo carro,
e Daniele il trono della tua maestà.
Benedetto colui che è venuto a salvare tutte le creature.

Gertrude von Le Fort nei suoi versi Inni alla Chiesa descrive così l’Avvento di Dio nel grembo di Maria:

Il Potente si è fatto docile,
l’Infinito piccolo,
il Forte sereno,
l’Altissimo umile.

Tutto il creato si trova salvato e insieme nobilitato da questa venuta:

Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche per conto di noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. (Gaudium et Spes, 22)

La parusia: il Signore verrà
Nel dipinto di Consadori, la figura di Maria col bambino è inserita in uno spazio ampio e aperto. Quando si entra in chiesa e ci si dispone davanti alla pala sembra quasi che si spalanchi uno spazio ulteriore oltre la parete; c’è come un’estensione “verso ciò che trascende”. In questo modo l’opera assume un richiamo alla speranza della parusia, ovvero sottolinea che la celebrazione eucaristica è un incamminarsi verso il ritorno del Cristo. Il Signore, infatti, è già venuto ma sappiamo che verrà una seconda volta e in modo diverso dalla prima: siamo stati salvati perché il salvatore è già venuto, ma non lo siamo ancora del tutto perché il salvatore deve tornare; egli ha già seminato la parola di Dio, e ritornerà per raccogliere la mèsse matura alla fine dei tempi. Per questo San Paolo dice che “siamo salvi nella speranza”(Rm 8,24), cioè nell’attesa della liberazione definitiva.


È questo un esempio di come la comprensione dell’opera d’arte sacra non possa prescindere dalla liturgia; è solo nella liturgia che si rende visibile il cammino del popolo di Dio “nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”. Ecco come il prefazio del tempo d’Avvento, nel rito romano, introduce alla duplice venuta di Cristo:

Al suo primo avvento
nell’umiltà della nostra natura umana
egli portò a compimento la promessa antica,
e ci aprì la via dell’eterna salvezza.
Quando verrà di nuovo nello splendore della sua gloria,
potremo alla fine ottenere,
in pienezza di luce,
i beni promessi
che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa.

L’Avvento: il Signore viene
La particolare disposizione della prospettiva, realizzata in modo particolarmente aperto, favorisce l’impressione che lo spazio rappresentato nel dipinto entri senza soluzione di continuità nello spazio fisico della chiesa. La tela crea un unico spazio condiviso, senza separazioni. Lo spazio è sgombro per l’incontro con Dio. Inoltre, elemento non secondario, l’architettura degli edifici mostra un tempo a noi contemporaneo. Il dipinto, quindi, scava ulteriormente nell’Avvento e rende manifesta un’ulteriore verità: il Signore viene oggi, in questo tempo, ora, ed è già qui. Ecco come lo spiega San Bernardo in un’omelia:

Esiste un terzo Avvento, intermedio tra il primo e il secondo. Gli altri due sono manifesti, ma questo no. Nel primo Avvento il Verbo fu visto sulla terra e si intrattenne con gli uomini, quando, come egli stesso afferma, lo videro e lo odiarono. Nell’ultimo invece “ogni uomo vedrà la salvezza del nostro Dio” e “vedranno colui che trafissero”. Nascosto è invece l’Avvento intermedio, in cui solo gli eletti lo vedono entro se stessi e le loro anime ottengono la salvezza… Ma perché ad alcuno non sembrino per caso cose inventate quelle che stiamo dicendo di questo Avvento intermedio, ascoltate lui: “Se uno mi ama, custodirà la mia parola: e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui” (Gv 14, 23).

Di fronte a Cristo che viene ora, l’uomo non può che decidere per lui o contro di lui:

Finché ci saranno uomini, Cristo cammina sulla terra come tuo prossimo, come colui attraverso il quale Dio ti chiama, ti parla, ti pone delle richieste. Questa è la maggior serietà e la maggior beatitudine dell’Avvento: Cristo sta davanti alla porta, egli vive in forma d’uomo, tra di noi. Vuoi chiudergli o aprirgli la porta? (Dietrich Bonhoeffer, Predica della I domenica di Avvento, 1928)

Cristo viene incontro, si mostra nudo in braccio alla madre, così come nudo sarà crocifisso: ci si può rispecchiare nella sua umanità. E’ lui a muoversi per primo: lo si può attendere e, alla fine, convertirsi è un non distrarsi. A quanti lo accolgono, è dato di diventare figli di Dio. Di diventare quello che si è.  La storia consiste in questo “divenire” legato alla grazia di Dio e alla libertà dell’uomo. Nell’attesa della definitività della venuta, dice Paolo, siamo salvi nella speranza. Nell’attesa, dice Pietro, è bene render ragione della speranza.

(Tutte le citazioni riportate in questo articolo sono state tratte dalla raccolta di testi dei Padri della Chiesa e di altri scrittori cristiani curata e commentata da don Emilio Gandolfo: Breviario patristico spirituale dell’anno liturgico, Volume I. Tempo di Avvento e Natale del Signore, Borgia Editore – Roma.).

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