Per quanto spezzato e rispezzato, abbiamo trovato ancora qualcosa, un avanzo indistruttibile, una perfezione d’essere. Questo qualcosa è relazione, relazione dentro un differire del medesimo. Il logos riconosce questa relazione, questo stare e questo eccedere; riconosce perfino il residuo di relazione che rimane nella repulsione dell’errore e del male. E può anche essere che solo un logos divino possa riconoscere questa relazione e questa repulsione, fino a toccarla e salvarla dalla contraddizione.

Il logos non teme le ferite, le fa vivere.  Il logos può essere un alto grido, e la fine di tutto (Mc 15, 17). Ma nel “tutto è compiuto” può esserci l’inizio; nel rantolo del morente  (Gv 19,30) può ravvivarsi il vento che ricrea tutte le cose (Gen 1,2). Dall’abbandono (Sal 21,1) può discendere la nascita di un popolo nuovo (Sal 21, 31).

Su questo avanzo irriducibile, su questa pietra scartata riposa la bellezza.


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