Tempo di Pasqua: la morte, che poteva anche rimanere morte, è vinta. Durante la veglia del Sabato Santo è la benedizione del fuoco nuovo il momento che spalanca l’inizio della vita risorta: O Padre che per mezzo del tuo figlio chi hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo. Come la vita proviene solo dalla vita, così il cero pasquale viene acceso dal fuoco: fiamma da fiamma, luce da luce, gloria da gloria.
La fiamma del cero pasquale segnato dalla croce, arde e si consuma dentro nella storia, racchiudendo nella sua presenza visibile l’alfa e l’omega, il principio e la fine: è il lumen Christi, segno di eterno e tempo che si uniscono affinché ovunque splendano e riscaldino la luce e il calore del Dio Vivente.
La luce taglia le tenebre della notte fino a farne la notte felice che genera i figli della luce. Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti. Cristo luce del mondo. La notte inondata di luce splenderà come il giorno. Di luce in luce la terra si ricongiunge al cielo, l’uomo al suo creatore.
La Veglia del Sabato Santo è il cuore dell’anno. Senza quella notte non ci sarebbe cero pasquale, non ci sarebbe ambone, non ci sarebbe altare. Da lì scaturisce la potenza di ogni altro segno.
Mi rimane inesplicabile come mai l’inizio della veglia, la liturgia della luce, il lucernario con i suoi segni solenni celebrati all’esterno della chiesa, non abbia trovato nei secoli e nei tempi recenti un corrispettivo fisico e segnico nel sagrato della chiesa. Neanche una piccola croce incisa. Eppure mi parrebbe importante un qualcosa che segni e ricordi sempre, in ogni tempo, quella adunanza e quel fuoco, l’inizio di quel cammino di luce che nella notte entra nella chiesa, e quindi nel cosmo intero.
Anche e soprattutto per dare dignità a quel fuoco. Un qualcosa di fisico che lo strutturi e che raccolga negli anni le tracce nere della cenere. Perché mi è capitato di vedere timidi focherelli o pire imbarazzanti. Ho perfino visto fuochi dentro una cariola, soluzione pratica che non sporca il sagrato…
Credo che quel momento che apre la notte della risurrezione meriti un’attenzione meno improvvisata. Dovrebbe esserci una riflessione dove teologi, artisti e architetti ne tracciano una adeguata “strutturazione” (certo, artisti e architetti, e pure teologi, non altrettanto improvvisati).
Forse qualcuno conosce qualche soluzione già attuata. O forse manca per un motivo preciso e dimentico qualcosa di essenziale.
Vi sarei grati se poteste confermare o smentire questa mia impressione. E magari iniziare qui delle prime riflessioni. Potremmo anche indirizzarle a qualche responsabile dei beni culturali ecclesiastici.