Il dipinto di Bassano citato nel post precedente non penso sia frutto di qualche eresia, ma semmai di traduzione sempliciotta, se non sprovveduta, dell’evento dell’annunciazione (anche se quella soluzione iconografica la ritroviamo in molti dipinti estremamente elaborati e rivolti a un pubblico erudito).
Un vero eretico non avrebbe scelto quella soluzione iconografica, ma avrebbe scelto di non dipingere del tutto. Infatti, l’eretico, se rigoroso, non dipinge e non rappresenta. Perché quello che gli fa problema è innanzitutto l’affermazione dell’incarnazione di Dio.
Ecco cosa insegna il Concilio Niceno II: “Alcuni come istigati dal nemico ingannatore, deviarono dalla retta ragione e, opponendosi alla tradizione della Chiesa universale, sbagliarono nella comprensione della verità… Osarono gettar via l’ornamento, a Dio dovuto, delle cose consacrate… Noi preserviamo senza alcuna innovazione tutte le tradizioni della Chiesa, decretate per il nostro bene in forma scritta e non scritta. Una di queste tradizioni è la rappresentazione pittorica iconografica, che è in accordo con il racconto della proclamazione evangelica, a conferma dell’incarnazione del Verbo di Dio, incarnazione vera e non immaginaria”.
Insomma, le immagini non solo sono ammissibili ma vivono di una propria necessità teologica nell’economia della rivelazione e della comunione cristiana. Infatti, la rappresentazione pittorica iconografica riguarda la retta fede nell’incarnazione del Verbo di Dio, nel suo autentico legame con l’uomo e la storia.
Ecco allora che il Natale è natale di buona parte dell’arte di questo mondo: perché è arte nata dalla necessità di rendere testimonianza viva e gioiosa del fatto che è nato, veramente e non solo immaginariamente, il Redentore.
Auguri di buon Natale.