“Se dovessi costruire una chiesa […] inviterei per l’ornato figurativo Burri e Tapies, e (detto non per facezia) un Tinguely che pensasse non in forma sarcastica un analogo del Cenotafio o ritornasse alle esili ruote dentate dei primi anni, vere machines à contempler”. Giovanni Pozzi, Sull’orlo del visibile parlare, Adelphi, 1993, pag. 433
L’informale pretende di sbatterti tutto sul naso, tutta materia senza corpo. Le machines, invece, pretendono la contemplazione propria di demiurgo minore, la visione imperturbabile su meccanismi e automi effettuata da un’altezza siderale. Direi quindi che alla chiesa di Padre Pozzi mancherebbe la giusta distanza. Perché sarebbe senza decoro, senza la giusta distanza tra significato e significante.