Ancora Caravaggio, ancora prendendo spunto dallo spettacolo di Dario Fo. Il quadro questa volta è il San Giovanni Battista che si trova ai Musei Capitolini a Roma [per sentire il nobel clicca qui > Entra > I percorsi > Lezioni di Dario Fo].
Fo come al solito mescola qualche indizio vero assieme a fantasiosi artifici che lo fanno avanzare nella confusione più gioconda. Così tra improbabili riferimenti a montoni greci, misteriose censure e sghignazzi scosciati, indica che nel quadro non c’è solo il San Giovannino ma anche un riferimento al sacrificio di Isacco. L’avrà letto da qualche parte, ma qui il problema non è ravvisare i due personaggi ma giustificare il loro stare assieme nello stesso quadro in base a un riferimento comune. Ci torneremo subito.
Il giovane se ne sta nudo. Come una vittima pronta per l’olocausto. Infatti si intravvede la catasta di legna per il fuoco e un contesto selvatico come sul Monte Moria. E’ Isacco che viene sostituito nel sacrificio da un ariete (Gn 22, 1-18).
Il giovane non è solo Isacco, ma è anche San Giovanni giovane. Si intravvedono infatti i peli di cammello sopra il manto rosso del sacrificio. San Giovanni presenta l’ariete che prefigura Cristo; sul Giordano lo acclamerà Agnus Dei. Non mi pare tanto sguaiato nella posa, ma scomposto come può essere scomposto chi presenta colui che tutto il creato attende. A Giovanni, infatti, non è dato a sapere il sacrificio che seguirà. Anche se lo stringe allo stesso modo dei rami che impigliavano le corna dell’ariete sul monte Moria (Gn 22, 13).
Ora fin qui i due eventi li abbiamo avvicinati, ma non li abbiamo ancora spiegati. Perché Isacco e Giovanni? Perché il Battista presenta l’ariete e non l’agnello? Se fosse solo il sacrificio di Gesù a legare i due momenti, la scena dipinta da Caravaggio risulterebbe ancora indeterminata, con elementi la cui presenza risulterebbe arbitraria. Il che con Caravaggio solitamente non si dà.
Credo che il motivo che riesca a legare coerentemente i diversi significati del quadro stia in un riferimento testuale preciso, che Caravaggio probabilmente conosceva mentre Fo probabilmente non conosce. Quando Gesù va da Giovanni nel deserto per farsi battezzare, i cieli si aprono e una voce dal cielo lo chiama Figlio mio prediletto (Mc 1,11). In tutto l’Antico Testamento abbiamo solo un’altro figlio unico amato, ed è Isacco (Gn 22,2).