Orientamenti

Scrive Agnoli su Il Foglio di martedì: “Perché il modo di pregare corrisponde e porta con sé un modo di credere: la vecchia liturgia tridentina orienta il fedele verso il sole che sorge, vero l’Emmanuele, il Dio con Noi, verso la centralità del tabernacolo”.

Credo che parlare di centralità del tabernacolo sia errato. E che possa trasformarsi in una di quelle formule che, anche se fuorvianti, persistono e si trascinano con inerzia, come quella “opposta” del quando il sacerdote girava le spalle all’assemblea.

A questo proposito, per approfondire il senso dell’orientamento nella celebrazione, riporto un brano di Ratzinger tratto da La festa della fede, Jaca Book “Celebrare rivolti al Santissimo non è mai stato il senso della pregressa posizione del rito (che difficilmente si può caratterizzare come un rivolgersi all’altare). Sarebbe inoltre contro ogni logica teologica, poiché nelle offerte eucaristiche il Signore si fa presente durante la Messa nello stesso modo come lo è nel tabernacolo nelle offerte provenienti dalla Messa. L’Eucarestia allora verrebbe celebrata di Ostia in Ostia, ciò che evidentemente non ha senso. La direzione interiore della Eucarestia può essere sempre e soltanto la stessa, cioè dal Cristo nello Spirito Santo verso il Padre; il problema è solo come ciò si esprima meglio nell’azione liturgica. Il contenuto positivo dell’antico senso della celebrazione non era dunque l’orientamento al tabernacolo […] Era un rivolgersi conforme del sacerdote e del popolo verso il comune atto di adorazione trinitaria (pag. 130).”

Quindi l’antico modo di celebrare è un rivolgersi a oriente, al sole che sorge simbolo di resurrezione, ma non coinvolge il tabernacolo. Il sole che sorge, in quanto simbolo di resurrezione “non è solo espressione cristologica, ma indice della potenza del Padre e dell’opera dello Spirito Santo, nonché richiamo alla speranza nella parusia” (pag. 131).

Ma attenzione, il fatto che si celebrasse secondo il messale tridentino non metteva al riparo da fraintendimenti: “L’antico orientamento della celebrazione era divenuto così inespressivo; si poté allora formulare la locuzione che il sacerdote celebra alla parete, o addirittura l’idea che egli celebra al tabernacolo. La trionfale vittoria del nuovo orientamento nella celebrazione va spiegata soltanto sullo sfondo di questo malinteso, che senza alcuni ordine tassativo si è imposto con un’unanimità e una sollecitudine che non sarebbero nemmeno pensabili senza la perdita del significato della prassi seguita fino allora (pag. 132)”.

Quindi l’antico, nella misura in cui diventa una celebrare al tabernacolo, e il nuovo, nella misura in cui si trasforma in un rapporto dialogico chiuso, hanno lo stesso rischio: ridursi ad esprimere una sola dimensione dell’Eucarestia, senza più l’apertura alla dinamica trinitaria.

L’importante quindi è che il ritorno all’antico messale non sia il ritorno agli antichi errori.

4 Comments

  1. Sono assolutamente d’accordo.
    Credo che il meglio di un rito debba fare acuola all’altro.
    Io non lascerei certo cadere le 3 processioni (ingresso, offertorio, comunione), la lettura della Sacra Scrittura dall’ambone, il canto del “per Ipsum”, la preghiera dei fedeli, come sono convinto che il “versus ad Deum” e molto più di “sacro silenzio” gioverebbe al rito rinnovato.
    luigipuddu

    P.S.Sentito il commentatore Rai della messa di mezzanotte del Papa?
    Secondo tal Di Giacomo, “il canone romano risale al concilio tridentino” e “la prex 2 è la più antica”.
    A parte la questione se l’anafora dell’omonimo di cui sopra sia mai stata usata “tal quale” nella chiesa romana, dove lo mette la Rai il “de sacramentis” di Ambrogio ?

  2. Non avevo sentito. Mi pare un altro segnale di una sorta di fossilizzazione attorno al prima e al dopo del vaticano II che dimentica artificiosamente il resto della storia.

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