Feltrinelli, Stazione Centrale, Milano.
Il mercato lo sa bene: uno non dice quello che dice, ma dice quello che l’altro ascolta.
Due fattori favoriscono questa dinamica:
a) la sovraesposizione del paratesto sul testo: titoli di giornale, quarte di copertina, commenti, accostamenti, foto, gesti… più della parola detta si impone all’attenzione quanto la circonda;
b) l’affermazione del primato della coscienza, di per sé corretta, ma enunciata in modo così generico da trasformare la libertà in spontaneismo, se non addirittura in arbitrio; è bene invece ricordare che la coscienza è intenzionalità ovvero apertura sull’essere, e l’essere non è indifferente a ogni tipo di giudizio; affermare oggi il primato della coscienza in modo generico, dopo almeno tre secoli di rappresentazionismo, equivale a elevare l’auscultazione dei propri soliloqui e dei propri jingle gastrici a misura di tutte le cose.
Se questi due fattori prevalgono, la parola annunciata risulterà tanto più eloquente quanto meno si allontanerà dalle attese, dal già sentito, dal già masticato, dalle pantofole di colui che ascolta. Avremo il paradosso di una Parola tanto più eloquente quanto più scontata.
Diagnosi esatta, tanto in sé quanto per il contesto attuale.
“Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene. (….) Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo”.
Se questa frase la ascolta uno che parte da Cartesio ne può uscire tutto e il contrario di tutto.